STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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Lecito creare un falso profilo Facebook per “incastrare” il dipendente che “chatta” invece di lavorare

 

 

La Corte di Cassazione, con la interessante sentenza n. 10955 del 2015 ha affermato la legittimità del “licenziamento” del dipendente che utilizza, per fini personali, Facebook durante l’orario di lavoro.

 

Nel caso specifico un operario abruzzese, addetto alle presse di una stamperia, si era allontanato dalla propria postazione di lavoro per una telefonata privata che gli aveva impedito di intervenire prontamente su una pressa, bloccata da una lamiera rimasta incastrata nei meccanismi.  Nel suo armadietto aziendale era poi stato rinvenuto un iPad acceso e collegato alla presa elettrica.  Lo stesso operaio, nei giorni successivi, sempre in orario di lavoro, si intratteneva, con il cellulare, a chattare su Facebook.

 

Lo “stratagemma” adottato dal responsabile del personale, previa autorizzazione dei vertici aziendali,  per avere la "prova" delle conversazioni intrattenute via internet dal dipendente è stato quello di creare un falso “profilo” di donna su Facebook e di richiedere l’“amicizia” all’operaio.   Il dipendente non solo accettava l’"amicizia" del (falso) "profilo" femminile ma, con esso, nei giorni successivi, chattava in più occasioni durante l’orario di lavoro.

 

Secondo la Suprema Corte questa attività di controllo posta in essere dall'azienda è legittima perché non ha avuto ad oggetto l’attività lavorativa propriamente detta ed il suo esatto adempimento (controllo, questo, non consentito dall’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori) bensì l’eventuale commissione di comportamenti illeciti da parte del dipendente; illeciti poi effettivamente riscontrati.

Il particolare controllo “difensivo” posto in essere dall’azienda era, dunque, per la Cassazione, destinato a riscontrare e sanzionare un comportamento idoneo a ledere il patrimonio aziendale sotto il profilo del regolare funzionamento degli impianti.

 

La creazione, poi, del falso profilo Facebook non costituisce una violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’esecuzione del rapporto di lavoro, attenendo ad una mera modalità di accertamento dell’illecito commesso dal lavoratore, non invasiva né induttiva all'infrazione, avendo funzionato come mera occasione o sollecitazione cui il lavoratore ha prontamente e consapevolmente aderito.

 

(Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 17 dicembre 2014 - 27 maggio 2015, n. 10095)

 

 

(8 aprile 2016)

 

 

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