STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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Il Presidente del Tribunale e ... Facebook:

sulla "segretezza" dei messaggi riservati agli "amici"

e sulle "insidie" dei Social Network

 

 

In questi giorni ha suscitato parecchio clamore (non solo a livello cittadino ma anche nazionale) la notizia di un articolo, severamente critico nei confronti della riforma della Costituzione proposta dal Governo Renzi (e, quindi, riguardante il quesito referendario del 4 dicembre 2016) scritto dal Presidente del Tribunale di Bologna, dott. Francesco Maria Caruso, sul proprio profilo Facebook e successivamente ripreso e pubblicato dal quotidiano “La Gazzetta di Reggio”.

 

Articolo che il Presidente del Tribunale, da quanto si legge sugli organi di stampa, aveva pubblicato sul social network ma che (come riportato in una successiva precisazione dello stesso magistrato, vedi: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/12/01/referendum-riforma-fondata-su-corruzione-rischio-azione-disciplinare-per-il-giudice-caruso/3229433/)  “non era destinato alla pubblicazione sul giornale, pubblicazione non richiesta né autorizzata, trattandosi di un testo “privato”, scritto sulla propria pagina Facebook, destinato a un numero limitato di lettori”.

 

Come noto, su Facebook è possibile selezionare il pubblico con cui condividere i propri contenuti: si può renderli visibili a tutti, si può limitarli ai propri “amici” oppure riservarli ad un numero ancora più determinato di persone.

 

Nel caso dell’articolo del Dott. Caruso non so quali limitazioni alla pubblicazione lo stesso avesse (eventualmente) adottato (se, cioè, una visibilità limitata agli “amici” del suo “profilo” oppure altro).

 

Non voglio, però, entrare nel merito di tale articolo né sull'avvenuta sua pubblicazione (autorizzata o meno che fosse) sulle pagine di un quotidiano.

 

Quello che mi domando è altro, e cioè: ciò che un utente pubblica (scritti, informazioni, fotografie, ecc.) sulla propria bacheca Facebook, riservandone la visibilità ad un numero delimitato di lettori (ad esempio, i propri “amici”), è da considerarsi tutelato alla stregua della corrispondenza privata (con la garanzia della "segretezza" sancita dall’art. 15 della Costituzione) oppure no?

 

Sul punto non mi risulta che la Cassazione sia mai intervenuta.

 

Però un giudice si è già pronunciato!

 

Lo ha fatto il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (con il decreto 13 giugno 2013) decidendo una vicenda riguardante una richiesta di "modifica" delle condizioni di separazione consensuale tra coniugi.

 

Nello specifico, la moglie chiedeva porsi a carico del marito un assegno di mantenimento (assegno a cui lei aveva inizialmente rinunciato), a causa del sopravvenuto proprio licenziamento e di problemi di salute che le rendevano difficile svolgere attività lavorativa.  Il marito, invece, eccepiva un peggioramento delle proprie condizioni reddituali e deduceva che la moglie intratteneva una relazione (di convivenza) con un medico ortopedico che le consentiva un tenore di vita superiore a quello goduto in costanza di matrimonio.

 

Per dimostrare la sussistenza di tale relazione sentimentale il marito produceva in giudizio informazioni tratte da Facebook, dove, nelle informazioni di base relative al profilo della moglie, sotto la voce “situazione sentimentale” veniva indicato espressamente “impegnata con …..” nonché fotografie tratte dal profilo della stessa che la ritraevano con il medico ortopedico in diversi periodi dell’anno e in diverse località, anche turistiche.

 

Ebbene, il Tribunale (ammettendo l’acquisizione e la utilizzabilità in giudizio dei documenti) ha affermato quanto segue:

<è noto … che il social network “Facebook” si caratterizza, tra l’altro, per il fatto che ciascuno degli iscritti, nel registrarsi, crea una propria pagina nella quale può inserire una serie di informazioni di carattere personale e professionale e può pubblicare, tra l’altro, immagini, filmati ed altri contenuti multimediali;  sebbene l’accesso a questi contenuti sia limitato secondo le impostazioni della privacy scelte dal singolo utente, deve ritenersi che le informazioni e le fotografie che vengono pubblicate sul proprio profilo non siano assistite dalla segretezza che, al contrario, accompagna quelle contenute nei messaggi scambiati utilizzando il servizio di messaggistica (o di chat) fornito dal social network;  mentre queste ultime, infatti, possono essere assimilate a forme di corrispondenza privata, e come tali devono ricevere la massima tutela sotto il profilo della loro divulgazione, quelle pubblicate sul proprio profilo personale, proprio in quanto già di per sé destinate ad essere conosciute da soggetti terzi, sebbene rientranti nell’ambito della cerchi delle c.d. “amicizie” del social network, non possono ritenersi assistite da tale protezione, dovendo, al contrario, essere considerate alla stregua di informazioni conoscibili da terzi.>   

 

<In altri termini, nel momento in cui si pubblicano informazioni e foto sulla pagina dedicata al proprio profilo personale, si accetta il rischio che le stesse possano essere portate a conoscenza anche di terze persone non rientranti nell’ambito delle c.d. “amicizie” accettate dall’utente, il che le rende, per il solo fatto della loro pubblicazioni, conoscibili da terzi ed utilizzabili anche in sede giudiziaria”.>

 

Il testo integrale del provvedimento del Tribunale di Santa Maria C.V. è scaricabile alla pagina: http://www.partnerslegali.it/docs/1379092034.pdf

 

Pertanto, se tanto mi dà tanto, in attesa che la Cassazione si pronunci sull’argomento, ne traggo, al momento, la seguente conclusione: meglio non riporre eccessiva fiducia sulla “segretezza” di ciò che si posta sul proprio profilo Facebook. Neppure quando la visibilità viene “limitata” ai cosiddetti “amici”. 

 

Del resto, come scrisse Benjamin Franklin, “tre persone possono tenere un segreto se due di loro sono morte”.

 

Avv. Stefano Comellini

 

 

 (2 dicembre 2016)

 

 

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