STUDIO LEGALE Avv.
STEFANO COMELLINI BOLOGNA |
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Falso account sul Social Network e reato di sostituzione di persona |
Con la
sentenza n. 25774/14 la Corte di Cassazione è si è pronunciata su un caso di
sostituzione di persona (art. 494, codice penale) effettuata su un
social network. L’art. 494
c.p. così testualmente recita:
“Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad
altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la
propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un
falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici,
è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede
pubblica, con la reclusione fino a un anno”. Va,
tuttavia, rammentato che la norma, attualmente, deve “fare i
conti” con il recente istituto, introdotto dal D.Lgs.
n. 28/2015, della “non punibilità per particolare tenuità del fatto”,
riguardante i “reati puniti con una pena base contenuta nel massimo
entro cinque anni” purchè, per le modalità della
condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi
dell'articolo 133, primo comma, c.p., l'offesa sia di particolare tenuità e
il comportamento risulti non abituale. Nel caso
esaminato dalla Corte un soggetto aveva creato un profilo sul social network
“Badoo” utilizzando l’identità e la fotografia di
altra persona ed aggiungendo anche una descrizione tutt’altro che lusinghiera
(della persona per cui si spacciava): ad esempio nelle informazioni personali
era riportata la dicitura “mangio
solo cibo spazzatura e bevo birra … quando mi ubriaco vado su di giri”. Con tale
falsa identità il soggetto “usufruiva dei servizi del sito, consistenti essenzialmente
nella possibilità di comunicazione in rete con gli altri iscritti (indotti in
errore sulla sua identità) e di condivisione di contenuti …” L'autore
del fatto veniva individuato dalla Polizia Postale attraverso
l'indirizzo IP del computer che aveva creato l'account e, nell'ambito del
nucleo familiare corrispondente all'utenza telefonica, grazie all'analisi
dell'hard disk del suo computer portatile La Suprema
Corte, nel respingere il ricorso dell’imputato (condannato in primo grado per
il reato di sostituzione di persona; sentenza poi confermata in appello),
precisa che il dolo specifico del delitto di cui all’art. 494 c.p., consiste
nel fine di procurare a se o ad altri un vantaggio patrimoniale o non, oppure
di recare ad altri un danno. Nel caso esaminato c’è la sussistenza di
entrambi i profili: sia il vantaggio derivante dall’attribuirsi una diversa
identità “per
intrattenere rapporti con altre persone (essenzialmente ragazze) o per
soddisfacimento di una propria vanità (vantaggio non patrimoniale)"; sia la idoneità della
condotta a ledere l’immagine della persona sostituita, cioè del titolare
dell’identità (quest'ultimo incolpevole oggetto di aggressione verbale di uno
sconosciuto che lo accusò di avere insultato la sua fidanzata e delle
rimostranze di una sua conoscente che lo aveva accusato di "non essere
una persona seria"). “Con
riferimento al fenomeno della comunicazione a mezzo internet, questa Corte ha
recentemente ritenuto sussistere il delitto di sostituzione di persona nella
condotta di colui che crei ed utilizzi un "account" ed una casella
di posta elettronica, servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto,
inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest'ultimo l'inadempimento
delle obbligazioni conseguenti all'avvenuto acquisto di beni mediante la
partecipazione ad aste in rete (Sez. 3, n. 12479 del 15/12/2011), nonchè nella condotta di chi inserisca nel sito di una
"chat line" a tema erotico il recapito telefonico di altra persona
associato ad un "nickname" di fantasia, qualora abbia agito al fine
di arrecare danno alla medesima, giacchè in tal
modo gli utilizzatori del servizio vengono tratti in inganno sulla
disponibilità della persona associata allo pseudonimo a ricevere
comunicazioni a sfondo sessuale (Sez. 5, n. 18826 del 28/11/2012 - dep. 29/04/2013). “Più
aderente alla fattispecie oggetto di questo giudizio è però quella esaminata
da una decisione meno recente di questa Sezione (Sez. 5, n. 46674 del 08/11/2007),
della condotta di colui che crei ed utilizzi un "account" di posta
elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diverso soggetto,
inducendo in errore gli utenti della rete internet nei confronti dei quali le
false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto
le cui generalità siano state abusivamente spese (nella specie a seguito
dell'iniziativa dell'imputato, la persona offesa si ritrovò a ricevere
telefonate da uomini che le chiedevano incontri a scopo sessuale)”. “In
questa fattispecie, come in quella, infatti, la descrizione di un profilo
poco lusinghiero, come sopra ricordato, consente di riconoscere, oltre
all'intento di conseguire un vantaggio non patrimoniale, quello di recare un
danno all'altrui reputazione, intesa come l'immagine di sè
presso gli altri.” (Corte di
Cassazione, sezione V penale, sentenza 23 aprile 2014 – 16 giugno 2014, n.
25774 (23 giugno 2016) |
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