STUDIO LEGALE Avv.
STEFANO COMELLINI BOLOGNA |
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Copiatura
“non autorizzata” di Files? Non è furto! |
Non risponde del reato di “furto” chi copia “files” contenenti dati riservati dell’azienda. La Corte
di Cassazione, con la sentenza n. 44840/10, ha ribadito il
principio (già espresso con sentenza n. 3449/2003) secondo il quale < è da escludere la configurabilità del
reato di furto nel caso di semplice copiatura non autorizzata di “files” contenuti in un supporto informatico altrui, non comportando tale attività la
perdita del possesso
della “res”> (cioè,
del bene) <da
parte del legittimo detentore>. <Tale interpretazione trova
conferma nella esplicita volontà del Legislatore che nella Relazione al
disegno di legge n.2733 …. ha espressamente precisato che la condotta di
sottrazione di dati, programmi, informazioni di tal genere non è
riconducibile alla norma incriminatrice sul furto, in quanto i dati e le
informazioni non sono comprese nel concetto, pur ampio, di “cosa mobile” in
essa previsto; ed ha ritenuto altresì “…. che la sottrazione di dati, quando non si
estenda ai supporti materiali su cui i dati sono impressi (nel qual caso si configura con
evidenza il reato di furto), altro non è che una «presa di conoscenza» di notizie, ossia un
fatto intellettivo rientrante, se del caso, nelle previsioni concernenti la
violazione dei segreti”>. Tale
condotta, può, semmai,
integrare la
fattispecie di “rivelazione del segreto professionale”, di cui all’art. 622 cod. pen., nel caso in cui a commettere l’illecito sia un dipendente
dell’azienda per favorire la concorrenza . Quest’ultimo reato < consiste non solo nel rivelare
il segreto professionale ma anche nell’ impiegarlo a proprio o altrui
profitto> Infatti,
nello specifico caso esaminato, l’imputato <si
faceva trasmettere da un collega sul proprio computer aziendale una serie di
dati e offerte commerciali inerenti clienti …. ed altresì, accedeva al server
centrale della società prendendo cognizione dei dati commerciali ivi
custoditi, che spostava su un proprio indirizzo privato, per poi utilizzarli
a favore della ….. concorrente… , della quale egli, subito dopo le dimissioni,
diveniva co-amministratore>. Secondo
la Suprema Corte <risulta
pienamente provato … il comportamento criminoso, … sulla avvenuta apertura da parte dell’imputato di files riservati della società, in vista dell’imminente abbandono
della stessa e dell’inizio da parte dell’imputato di attività analoga con la
nuova società, che si avvantaggiava di clienti in precedenza della società
dove era impiegato l’imputato. Risulta pertanto integrato il contestato reato che consiste non solo
nel rivelare il segreto professionale ma anche nell’impiegarlo a proprio o
altrui profitto,
come nella specie appunto avvenuto, atteso che i files
acquisiti avevano sicuramente contribuito a consentire al di formulare per la
nuova società condizioni più vantaggiose di quelle praticate in
precedenza">. (Cassazione
Penale, sentenza 26 ottobre 2010 - 21 dicembre 2010, n. 44840) (21 dicembre 2015) |
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