STUDIO LEGALE Avv.
STEFANO COMELLINI BOLOGNA |
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Pubblicità
Comparativa illecita e
Concorrenza Sleale |
Con la
recentissima ordinanza n. 100 pubblicata il 7 gennaio 2016, la Corte di
Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di concorrenza sleale, violazione delle norme in materia di
pubblicità comparativa
e utilizzo abusivo di
marchio altrui. Nello caso
specifico, il Tribunale di Milano aveva condannato al risarcimento dei danni
una società che: -
aveva presentato i propri prodotti (cosmetici e per la bellezza dei capelli)
come simili (addirittura medesimi) a quelli di un concorrente famoso,
sfruttandone la rinomanza tra i destinatari del messaggio (operatori del settore, affiliati
alla catena di franchising del concorrente), facendo così
accreditare i propri prodotti presso la clientela senza sforzi
d’investimento; - nel
promuovere i propri prodotti, aveva usato indebitamente il marchio altrui,
facendovi espresso riferimento nell’intestazione del messaggio pubblicitario
ed, implicito richiamo, nel testo dello stesso e con la manifesta volontà di
accreditare, presso gli affiliati del concorrente, la qualità dei propri
prodotti presentandoli come medesimi rispetto a quelli del famoso concorrente
e caratterizzati da elevati standard qualitativi. La Suprema
Corte, nel respingere il ricorso, ritenendolo infondato, rammenta che: - non
è necessario il carattere confusorio del messaggio
promozionale per integrare la fattispecie di “pubblicità comparativa illecita” potendo quest’ultima essere
costituita semplicemente dall’imitazione
(o contraffazione) di un bene (o servizio) protetto da un marchio o
denominazione depositata (Cass., 10416/1998); - è
proprio la sostanziale affermazione di identità del proprio prodotto con
quello con marchio rinomato a rendere illecita la condotta, mossa dalla
ricerca di favorire la vendita di un prodotto identico sfruttando, in
violazione del principio di correttezza, nella citazione del marchio
concorrente, la notorietà e la rinomanza di quest’ultimo. - “La concorrenza sleale per
appropriazione dei pregi dei prodotti o dell’impresa altrui (art. 2598 n.
2 cod. civ.) non consiste nell’adozione, sia pur parassitaria, di tecniche
materiali o procedimenti già usati da altra impresa (che può dar luogo,
invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile), ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od
equivalenti,
attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie,
riconoscimenti, qualità indicazioni, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od
all’impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei
consumatori”.
(Corte di
Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 24 novembre 2015 - 7 gennaio 2016,
n. 100) (19 gennaio 2016) |
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