STUDIO LEGALE

Avv. STEFANO COMELLINI

BOLOGNA

 

 

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Call Center: Stop alle telefonate Mute (ed altro).

La sentenza 4.02.2016 della Cassazione

 

 

Con la recentissima sentenza n. 2196 (pubblicata il 4 febbraio 2016) la Corte di Cassazione è intervenuta fenomeno delle telefonate commerciali.

 

Questo e il "principio di diritto" che è testualmente pronunciato:

 

In conformità alla direttiva comunitaria n. 2002/58-Ce, relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, l’art. 130, comma 3-bis, del cod. della privacy, che consente, in deroga al principio del consenso espresso previsto dall’art. 129, 2° comma, il trattamento dei dati personali mediante l’impiego del telefono per le comunicazioni di natura commerciale nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione mediante iscrizione della propria numerazione nel registro pubblico delle opposizioni (cd. opt-out), non trova applicazione nel caso in cui l’autore del trattamento abbia inviato telefonate senza operatore (cd. telefonate con contatto abbattuto o “mute”) né in quello in cui l’utenza chiamata non risulti inserita in uno degli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico di cui all’art. 129, 1° comma, del codice (come per esempio avviene per i telefoni cellulari)”.

 

In sostanza, la Suprema Corte ha detto Stop:

 

·         alle telefonate commerciali “mute” (cioè effettuate senza operatore ma tramite un software),

·         alle telefonate commerciali rivolte alle utenze che non sono inserite negli elenchi telefonici (come accade per i cellulari).

 

Conseguentemente, il principio dell’Opt-Out (previsto dal Codice della Privacy), secondo il quale ogni chiamata è lecita se non vi è stato un esplicito diniego, rimane solamente per le telefonate commerciali effettuate da un operatore (in carne ed ossa) verso le utenze inserite negli elenchi telefonici (e purchè queste non abbiano esercitato il diritto di opposizione mediante iscrizione nell’apposito elenco).

 

(Corte di Cassazione, sezione prima civile, sentenza 15 gennaio 2016 – 4 febbraio 2016, n. 2196)

 

 

(8 febbraio 2016)

 

 

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